venerdì 7 dicembre 2012

Una cosa antica.


Tu
Tu sai d'amore, quello vero
che può finire come è cominciato.
Tu sai di strada, quella vera
dove ritrovi impronte definitivamente perdute.
Tu sai di notti, quelle vere
delle quali oggi , bevendo, ci si ricorda.
Tu sai di silenzio, quello assoluto
ripiegato sul suo specchio
trascurando il linguaggio volgare e confuso del giorno.
Tu sai di attesa, quella eterna
dove si può solo raccoglie la carità di un ricordo.

martedì 6 novembre 2012

A Bernardo Bertolucci


Sapete una cosa? Certamente di scarsissima importanza. Ma a me dei Sallusti, delle Santanchè, del Trota e di quello che dice, di Maroni, del Clown, di Formigoni e delle sue eccellenze, dell'ironia "intelligente" di D'Alema, della Gelmini, della Polverini e le sue o condivise ostriche, di Alemanno dal cuore nero candeggiato, dei Renzi di adesso e di probabilmente dopo e mille altri fino al ridicolo di Scilipoti, non mi interessa più niente.
Non voglio che il mio impegno culturale e politico sia strumentale alla loro popolarità. 
Di conseguenza, pur nel buono di alcune trasmissioni che seguo con passione e cuore, quando vedró tra gli ospiti uno di questi spegnerò la televisione o i vari streaming, mi dispiace per i "buoni", ma leggerò, scriverò, sistemerò foto, coccolerò i miei gatti, cucinerò cose semplici e spero buone, parlando con le persone.


Era il 1980, forse l'81, non rammento bene l'anno ma ricordo dove ero, in che situazione e con chi.
A Parma, anzi meglio, a Torrechiara. Nella zona appena prima di Langhirano, dove si fanno prosciutti e salumi e vedi lunghi e alti edifici bianchi con mille finestre che si aprono e chiudono come girasoli verso le brezze delle colline, disegnate da filari e foschie, per respirare l'aria indispensabile alla giusta stagionatura.
Ero in una villa realizzata da un capace e "cortese"  architetto che si era ispirato per la progettazione al Castello del luogo. Vedetta silenziosa e sentinella di quelle terre da secoli.
Stavano girando un film, il regista era Bertolucci. "La tragedia di un uomo ridicolo".
Non uno dei suoi film migliori, acuto però nell'analisi dei personaggi come sempre.
Ugo Tognazzi, vincitore della palma d'oro a Cannes come migliore attore protagonista, nei panni di Primo Spaggiari, pur con qualche maschera di troppo, era credibilissimo. La voglia del personaggio di emanciparsi dagli odori dei caseifici, usando la ricchezza della sua casa e una moglie straniera ed elegante era, almeno al tempo, uso comune di coloro che, dopo essersi arricchiti nei modi più diversi, desideravano avere un "ritratto" un profumo nuovi.
Tra le righe della interpretazione di Tognazzi si percepiva a volte che pensava, secondo me, ad un altro film da lui girato nelle zone emiliane, dieci anni prima, "La Califfa", con la splendida Romy Schneider.
Un certo tipo di donna che, ne sono convinto, piace sicuramente molto anche a Bertolucci.
Le donne di Bertolucci sono in fondo quelle che scardinano i luoghi comuni degli uomini, le loro certezze e spesso, l'apparente fragilità con cui si propongono, nasconde una visione ed una profondità che va oltre gli eventi confondendo tempi e situazioni.
Qui ci sono una "Penelope" contemporanea con il corpo ed il cuore di Anouk Aimèe ed una Laura Morante di una bellezza selvaggia: Un anno prima che lavorasse con Moretti. 
Ma non è di questo che voglio parlare.
Volevo descrivere solo un istante di un regista, del suo modo di pensare e di vedere cose che altri non riusciranno a vedere mai sia sul set che al cinema, ma che contribuiscono al risultato completo del film.
In una selva di cavi, torri e riflettori, di gente che correva seguendo mappe e tracciati sconosciuti si stava preparando la scena in esterni del dialogo tra due personaggi in piano americano.
L'occhio di Bertolucci era incollato alla macchina da presa cercando il taglio migliore.
Sospese ogni azione e comunicò al suo aiuto di cosa aveva bisogno.
Io me ne ero accorto, avevo capito, lo avevo visto.
Non era un passaggio fondamentale per il film. Una inquadratura di pochi secondi.
Ma ogni cosa, ogni singolo dettaglio doveva essere perfetto e previsto nella misura in cui la cosa è praticabile in una visione artistica imperfetta ed oltre.  
Ha spedito un assistente ignaro, munito di radio, sulla collina di sfondo, circa 4/5 chilometri da dove si stava girando. Aveva visto un trattore che arava e voleva assolutamente comandare che questo transitasse tra i due volti in dialogo marcando duramente il solco profondo della incomunicabilità delle parole che i due attori dovevano recitare.
Secondo me è stato un colpo, tra tanti nei suoi film, di genio visivo. Probabilmente inutile dettaglio per ogni critica sul film nel suo insieme ma la prova concreta della differenza evidente tra un grande Regista e i professionisti della pellicola. Mi ha ricordato Ford. Che attendeva la nuvola giusta alle spalle dell'attore per riprendere uno sguardo.
La stessa sera, in un cinemino di Parma, il D'Azeglio, un cineforum, al tempo gestito da un prete, lontanissimo parente acquisito, davano Apocalypse Now di Coppola, con Storaro direttore della fotografia.
Io sono andato a vederlo. La sala era quasi vuota, il modo migliore per godere un film.
Nelle prime file però erano seduti alcuni membri della troupe.
Questo è vero amore per il cinema.
Lavorarci tutto il santo giorno e poi alla sera andare al cinema.
Qualche mese dopo, passo a pranzo da mia madre.
Mi dice appena entrato: ti ha cercato un certo Bernardo...!?
Io le rispondo: Bertolucci!
E lei replica: Ma chi? quello che ha fatto "novecento"?

La Storia, come tutte le storie è andata avanti,  non nei modi che avrei voluto.
Ma questo non è importante.


      



martedì 30 ottobre 2012

Piccola, piccolissima politica


Sono una persona che non dispone della invidiabile qualità di avere la risposta pronta, secca, immediata, magari ironica e disponibile ad ogni calcolo. Conosco poco gli hastag le varie simbologie, tra chiocciole e cancelletti. Ho bisogno di tempo per sedimentare le cose, le idee, i fatti che accadono, chiudendomi quando posso in casa e avendo lo scomodo difetto però di una buona memoria e tanti appunti e ritagli.
Sono settimane che si parla di Sicilia. Ne parlano tutti. Dai leghisti (che dovrebbero silenziosamente preoccuparsi dei disastri interni e di quelli che fanno nelle zone che governano) ai neofascisti (incostituzionali), per la solita questione dei consensi e degli spazi che ognuno sta difendendo mentre i giochi, quelli veri, continuano con i soliti "candidi" del parlamento centrale e di quelli periferici.
Ho una nipote catanese e la questione mi prende .
Abbiamo un partito, l'Udc, attore e puparo di tutte le più scandalose scelte ed alleanze meridionali possibili che ora, in difetto di ossigeno appoggia un candidato di sinistra, dopo aver succhiato per anni il latte del demoberlusconismo, e "canta" vittoria.
Abbiamo trasmissioni e giornali che intervistano personaggi dimissionari indagati adeguandosi al codice del rispetto del potente. Non si ricorda mai perchè si è andati ad elezioni. Perchè il sospetto di mafia ha coinvolto i vertici, tutti. Vertici lasciati liberi di operare fino all'ultimo giorno e che lanciano ombre sinistre e avvertimenti anche sui futuri governi. La risposta quale è stata? Una conferenza stampa, ad essere rispettosi ridicola, dove si è solo detto che i panni sporchi si lavano in casa, che la divisione della destra concede spazio alla sinistra, di primarie come fossero un miracolo democratico, senza mai ricordare che il disastro, l'abisso è stato creato da chi ha governato fino ad ora negli ultimi 20 e più anni nell'isola e in Italia e la classe dirigente che si è dovuta dimettere è stata da loro prodotta.
Dalla democrazia cristiana, attraversando un partito che si diceva socialista al berlusconismo. Dal presidente del senato Schifani, nobile avvocato siciliano che ha piazzato i suoi in punti chiave all'impacciato segretario del partito di maggioranza che stenta ad imparare.
Si parla sempre del dopo. Mai di quanto fatto e accaduto. Non esiste la minima analisi di quello che è stato. Dei buchi, delle clientele, delle ruberie, delle promesse elettorali false, delle leggi votate. Si parla solo di soldi.
Si discute di pulizia, dalle scope leghiste alle ridicolaggini di Formigoni dietro alla sua scrivania tra una vacanza e l'altra.
Si è inventata la parola "moderati". La usano tutti da destra a sinistra. Ma chi sono? Chi continua a fare i propri affari e decide con chi stare in relazione ai propri utili? Io non ho mai parlato con qualcuno che mi abbia detto "io sono un moderato".
Ho parlato con molte persone che dicono che alcune cose della lega sono giuste ma non la votano, che Berlusconi si è fatto da solo (mi sono trattenuto), che alla crisi nessuno ci pensa, e che se uno qualunque, di qualunque schieramento sia, mette le luci nella galleria, fa una rotonda davanti al garage, sposta il locale rumoroso, sblocca la licenza, sono contenti, in un frazionamento polverizzato di un eventuale panorama alternativo.
La maggioranza fantasma, bisogna dirlo, ama il silenzio attivo, il sommerso produttivo e profondo. E' più preoccupata delle proprie case, delle macchine, delle personali vacanze, delle borse dei negozi di lusso portate a casa dai taxi, delle tasse, parola magica che accomuna tutti.  
Torniamo alle cose piccole.
Torniamo alle regioni, senza mai pensare che siamo una nazione e i problemi sono di tutti e siamo parte di  una Europa non solo per i privilegi ma anche per i doveri.
La Lombardia... regione "d'eccellenza" affogata nelle indagini, Emilia exrossa... con Parma grillina, Lazio... che fa le feste ed una ex governatrice che rilascia interviste su questioni di ostriche e cozze, Molise... che torna al voto, Trentino... dove vorrebbero in molti ritornare ad essere SudTyrol, Veneto... che sta perdendo i pezzi, Sicilia appunto, pur apprezzando i cambiamenti che non riesce a sganciarsi da una mentalità andreottiana.
Siamo messi male, molto male. E poi parliamo di stati esteri, della Germania, della Francia, Austria, dei paesi scandinavi. Ma quando si parla di questi paesi, non si deve pensare solo ai governi ma si dovrebbe riflettere che hanno cittadini, la maggioranza,consapevoli, partecipanti e attivi.
Noi parliamo di primarie ( sembra che le primarie siano delle elezioni nazionali invece sono solo votazioni interne di un partito), di Renzi, invitiamo la Santanchè stranamente calma e non volgare, folla di microfoni alle parole di Alfano...e tutti pendenti dalle parole di una persona, lo dico con rispetto umano, che se non fosse quello che è, avrebbe bisogno di una badante, magari rumena.
Basterebbe poco. Piccole cose. Il ritiro dalla vita politica di Casini, necessario insieme a quello di altri dinosauri convinti di essere attori di un videogame eterno. Di Pietro, che smettesse di vivere di rendita da "Mani Pulite" sentendosi il vergine del parlamento. Vendola che arrivi ad essere consapevole di poter correre da solo senza aver bisogno del meccanismo oliato delle alleanze. Un PD che ritorni ad essere un partito di sinistra vero in un'ottica nazionale ed europea.
Riguardo l'informazione mi piacerebbe avere dei confronti a due, con giornalisti indipendenti che non si preoccupassero degli ascolti e facessero domande forti, crude, quelle giuste, quelle da fare. Con la pretesa di avere risposte altrettanto dirette e brevi, senza premesse, preamboli, dettagli. Non i soliti Belpietro, Sallusti, Il foglio, editorialisti come oracoli che hanno visto tutto e sorridono dall'alto della loro esperienza e dei loro fondi. Mancano i politici in grado di sostenere una prova di questo genere e mancano allo stesso modo i giornalisti che stanno assomigliando sempre di più a coloro a cui si interessano.
Nessuno ha mai sottolineato che, leggendo i programmi, da quello firmato platealmente in diretta, quello del milione di posti di lavoro per intenderci, a tutti gli altri, affermano le medesime cose da anni senza aver mai attuato e concluso niente. 
Smettiamola di pensare che tutto ci debba essere servito su di un vassoio per diritto.
Molto del lavoro di molti deriva dal fatto che altri non fanno il proprio, compresa  politica e informazione.
  
  

martedì 9 ottobre 2012

Trucioli


Ragiono e agisco come un falegname...
Amo il profumo del legno e della resina. Mi piacciono gli incastri perfetti assecondando le venature, gli ostacoli dei nodi, la cura con cui si tende la cera affinchè il legno viva
un' esistenza lunga, morbida e lucente.
Ho imparato a rispettare le energie dei materiali e capire che quando è necessario uno sforzo eccessivo qualcosa di sbagliato esiste ed è concreta.
Mi piace ascoltare gli artigiani, i segreti antichi, che con riluttanza ti concedono goccia dopo goccia e fare cose nuove con contenuti anziani, magari bruttissime ma oneste.
Applico queste modeste teorie ed altre anche alle analisi delle vicende che mi accadono intorno, alle persone, alle idee, alla vita.

Mi stanno bene gli incontri di Cernobbio, di Cortina, di Cl a Rimini, Bruxelles, della BCE, delle Nazioni Unite, quelli di The World  Economic Forum, di Strasburgo fino a quelli di Pontida. le interviste imposte, le logiche perverse del marketing politico, perfino le ripicche delle prime donne dei partiti, le trasmissioni dei soliti ospiti noti, le "pacatezze" del governo tecnico, i luoghi comuni, le eccellenze finte, le dimissioni fasulle, i manifesti, le rassegne stampa, le ridiscese in campo, i balli in maschera, le gole urlanti che hanno niente da dire.

Ritengo però che per far capire bene le cose alla gente, gente fatta da persone, sia necessario esempio diretto non mediato, descritto, sponsorizzato, sostenuto e intervistato.
Il governo tecnico in carica, (così falsamente amato da maggioranza, opposizione e da un centro fantomatico ) e così pronto ogni volta a definire il suo ruolo indipendente dalla politica ma con tutti i privilegi, dovrebbe confrontarsi con il Paese. Trovare, tra tutti gli appuntamenti internazionali, nazionali e televisivi, regione per regione, in relazione all'estensione, l'occasione per incontri con le realtà locali.
Spiegare loro che sono purtroppo dove sono perchè il precedente governo ha miseramente fallito.
Falliti rimasti intoccati esattamente come prima, grazie ad una legge elettorare ad hoc, accordi ed equilibri disperati e che ha portato il Paese in 20 anni di governo al livello economico, morale, istituzionale più basso mai raggiunto dalla nostra Repubblica.
Non parlo solo di crisi, come fosse la scusa di qualsiasi azione, ma di persone, di azioni, di tempo usato, di parlamentari, sindaci, assessori, presidenti.
Non parlo di Democrazia, parola usata come fosse uno sbiancante per ogni azione.
Battere a tappeto la Nazione spiegando con parole povere cosa vuole dire " la fine del tunnel", cosa significa aver lasciato fare alla Fiat quello che ha fatto, perchè non si è agito con una patrimoniale, perchè lo spread è più importante di una, mille, milioni di pensioni. perchè il mercato globale è visto solo verso l'esterno e mai all'interno.
Non lo faranno, perchè semplicemente le forze politiche di prima, seconda e di mezza repubblica, di queste risposte non ne hanno data una e i tecnici faranno lo stesso.
Ogni giorno ci sono fatti nuovi, Taranto, la Sardegna, i cantieri navali, ma poi, scendendo sul piccolo, le scuole, gli asili, i parchi, le metropolitane, i trasporti pubblici, gli ospedali, i ricoveri, i cimiteri, le regioni.
Vedo sempre più spesso giornalisti con l'offesa facile, con il medesimo approccio e le stesse tecniche di chi vorrebbero mettere alla berlina, nella evidente paura di perdere un vasetto di fiori del proprio davanzale.
Ascolto sproloqui riguardo la scomparsa della differenza tra destra e sinistra.
Esistono differenze importanti ed indimenticate, fondamentali.
Per uno di sinistra un sindaco fascista è e deve essere inaccettabile.
Un governatore cattolico che dice quello che dice è una offesa alle intelligenze, alla fede ed alle sensibilità.
In una trasmissione televisiva assistere a dialoghi tra conduttore ed ospite, che si sono querelati e scandalizzati mesi prima per pestate di piedi , azzera il suo valore di obiettività.
Con i soldi pubblici degli abbonamenti Rai sopportare sul primo canale campagne elettorali mascherate da inchieste e analisi, è umiliante. Dopo venti anni, trent'anni, le stesse persone siedono su sedie che cambiano design e scenografie senza percepire nemmeno l'ombra del fallimento al quale hanno collaborato e continuano a parlare di Paese, di moderati, di rilancio, di moralizzazione.
Altro che maschere da maiali.
Sono di gran lunga più pericolose le facce dei finti onesti compresi gli elettori.
Dei burocrati con le loro cartelline in mano.
Dei medici che messaggiano durante i turni ospedalieri.
Degli insegnanti che non insegnano niente.
Dei genitori che aggrediscono gli insegnanti coerenti per aver avuto il coraggio di giudicare i loro i figli.
Degli imprenditori che parlano di lavoro per la crescita del Paese e spostano produzioni e fabbriche dove i lavoratori sono meno pagati e tutelati.
Dei proprietari di appartamenti che affittano 40 metri a dieci studenti o 20 cinesi a 200 euro ciascuno.
Dei giovani ( ne conosco purtroppo molti ) che vogliono il lavoro sottocasa, che non conoscono niente della storia recente e recentissima ma, indignati, sanno tutto del nuovo IPhone 5 e fra poco, non si capirà mai come, lo avranno.
Delle persone che vantano finto amore per gli animali e fanno offerte teatrali per un giorno e indossano montoni, pellicce, borse, stivali assemblati in estremo oriente forse da mani infantili.
Dei padri di famiglia che baciano le figlie minorenni e vanno in vacanza a Cuba, in Brasile, in Thailandia oppure guardano il lato b delle ragazzine quando sono al bar, ridendo con gli amici.
Non tutti sono così, certo,  ma anche tutti questi votano, eleggono, mandano in parlamento le persone che abbiamo e delle quali ci stupiamo, ci indignamo.
In fondo la classe politica non è altro che lo specchio reale e feroce del paese.
E questo Paese sta male, precipitato come è nella maleducazione, nella violenza del pensiero, nella volgarità.
Un Paese che riesce a guardare solo all'oggi educato come è stato educato, a colpi di scandali e furberie.
Un Paese che non è più capace di guardarsi intorno scorgendo un'ombra, uno sguardo, un colore, un sorriso.
Che litiga per ogni cosa, dal calcio alle precedenze agli incroci, dai parcheggi alle briciole di pane dei balconi. Ho come l'impressione che si stia arrivando al punto che "far del male" per molti, stia diventando gratificante. Che compensi carenze, desiderio di rivalsa, incomunicabilità.
Non tutti certo, lo ripeto con chiarezza ma è anche evidente che una gran parte dello stesso Paese si è ritirata nel silenzio, nella convinzione che qualunque azione sia inutile, inefficace.
Spero che non sia così. Mi auguro che la reazione non sia solo concessa a campagne elettorali, giornalisti affamati di popolarità, diffusione e ascolti, followers su twitter, "piace" su facebook ma anche nelle cose semplici, quotidiane. Quando si va a comprare un giornale, si attraversa una strada, ci si accomoda in un bar, si parla con un cliente o un collega.
Un "mi scusi", un "grazie", un sorriso, non costa assolutamente nulla e se è sincero, come un granellino, può mettere in atto un tranquillo smottamento verso il rispetto, verso un domani più fiducioso.  

mercoledì 12 settembre 2012

Terra, cibo,bombe, banche, politica e multinazionali


Terra...cibo, bombe, banche, ( le vedo insieme queste due parole che iniziano con la B), politica, economia e strategie multinazionali.
Africa, India, America latina, Cina e gli orti sui terrazzi dei palazzi.
Da una parte, in Europa, specialmente in Italia, distruggiamo ettari di campagne, azzeriamo habitat, lastrichiamo di cemento inutile ed incompiuto il territorio, imbrigliamo fiumi, perforiamo mari, provochiamo estinzioni ed emigrazioni, costruiamo ghetti...
Dall'altra, grandissime aziende sciagurate e banche criminali di potenti paesi nella sostanza "democratici" solo economicamente, comprano distese immense di suolo nei paesi più poveri e fragili della terra, cancellando ecosistemi, culture locali, trasformando quei luoghi in orti di casa con culture estensive e private.
Si accaparrano sorgenti e fiumi, ghiacciai ed acqua in una corsa verso conflitti inevitabili che non avranno più come centro il petrolio ma il bere, il mangiare.
Vengono alzati reticolati, ci saranno vigilantes a difesa del consumo più esasperato di pochi, ingigantendo la massa dei poveri, sfruttati e senza voce.
Fra non molto sarà il grano, il riso, l'acqua pulita, il mais, la soia il vero petrolio.
Saranno i minerali rari per i sistemi di comunicazione, telefonini, batterie i veri diamanti.
Fino ad ora le mille guerre di questi 60 anni di "pace" ci sono state per le materie prime indispensabili alle multinazionali chimiche, farmaceutiche, plastiche, per il commercio delle armi, gestite dall'alto da industrie, politici e lobbies in nome di una poco credibile difesa della democrazia.
I popoli le hanno sempre subite e pagate.
per sudditanza, ricatti, ignoranza, povertà endemica.
Ho la sensazione che in un futuro non molto lontano pane ed acqua scateneranno una folla di conflitti locali, sconosciuti e poco telegenici. Dal basso, da intere popolazioni mai aiutate prima e ancor di più sfruttate ora.
Rendendo sempre più fondo ed invalicabile il solco che divide paesi ricchi dai paesi più arretrati, usati come manovalanza a basso costo, esattamente come schiavi, per far arrivare prodotti alimentari su gli scaffali dei megacentri commerciali dei paesi occidentali. Prodotti che, statisticamente, si gettano e sprecano per più del 30 per cento.
Basta fare una passeggiata o un giro in bicicletta e dare un'occhiata, sul retro, nei containers dei grandi supermercati.
Intere partite di frutta, di verdura vengono giornalmente scaricate e dove i poveri della nostra società, fintamente opulenta, scavano alla ricerca di pomodori, melanzane, arance, mele, insalata.
Per tutto questo si abbattono ettari di foreste per fare spazio agli aratri, si soffocano religioni e tradizioni per possedere terreni e ghiacciai, come la Cina nel Tibet mentre a casa loro, queste grandi nazioni "rispettate" e temute, trasformano in fango chimico e liquami fiumi, laghi, mari. Viene permesso a grandi aziende "democratiche" della pelle e del denim di conciare e lavare i propri prodotti in Corea, in Vietnam, in India dove i controlli sono blandi ed i costi miseri.
E nella nostra piccola Italia che comunque fa la sua parte in questo devastante cammino, sempre più vaga, confusa, disattenta? Produciamo ed importiamo, importiamo senza porci domande, senza ombra di morale.
Abbiamo città che crollano, fiumi che straripano con una sola lacrima, ed aziende che fino a pochi anni fa, cambiavano le date di scadenza sugli yogurt prima di spedirne intere partite nei paesi dell'est non ancora europei. Lasciamo correre giorno e notte l'acqua in tubature di acquedotti fatiscenti che perdono e sprecano fino al 40 per cento della portata e compriamo mezzo litro di minerale naturale, supportata da testimonial e calciatori, ad un Euro la bottiglia per poi forse abbandonarla vuota ovunque.
Uccidiamo i piccoli negozi facendo sempre più grandi ed angoscianti monumenti alla scaffalatura ed al carrello, con parcheggi lunari ed alberelli striminziti annegati nell'asfalto incapaci di fare ombra.
Luoghi dove per arrivare ci si mette in coda con le auto come ai caselli autostradali nei giorni di vacanza, nei sabati frenetici e nelle orge delle promozioni.
Trasformiamo le botteghe in ristoranti, i fruttivendoli in agenzie immobiliari, le librerie storiche in negozi di biancheria intima, le chiese sconsacrate in pizzerie e filiali di banche. Crollano le città ed i monumenti, si sbriciolano le scuole. Tutto sembra galleggiare e sciogliersi come fanno i cubetti di ghiaccio in un aperitivo scialbo decorato con fettine di chiacchere vuote ed inutili.
Lasciamo le campagne, bruciamo i boschi, trascuriamo i fiumi, scaviamo tunnel, progettiamo ponti assurdi e circonvallazioni disperate e andiamo a prendere i pomodori nelle serre olandesi, i pompelmi in Israele, le carni in Argentina, la frutta in Costarica le vacanze in Kenia.
Sapete cosa costa, o meglio, cosa viene pagato ad un contadino italiano un chilo di ottimi e curati pomodori?
10 centesimi, 10 Euro al quintale...
Continuiamo a comprare ketchup, pieno di zucchero di canne lontane e maionesi delle multinazionali chimiche della Svizzera...
Continuiamo a buttarlo quando dimentichiamo le confezioni aperte.
Pronti a ricomprarne un'altra subito il prossimo fine settimana nella baraonda della spesa con i buoni sconti, con il prendi tre paghi due...
Tanto costa così "poco" tutto...
Fra poco anche la vita delle persone, i loro sogni, i loro desideri costeranno più nulla.

martedì 21 agosto 2012

Ri...


(Ri)vedere, (Ri)ascoltare, (Ri)parlare, (Ri)considerare, (Ri)pensare, (Ri)abilitare, (Ri)convertire, (Ri)ciclare, (Ri)scrivere, (Ri)muovere, (Ri)sbagliare, (Ri)scoprire, (Ri)amare, (Ri)nascere...
Credo che viviamo in una epoca, dove tutto è già stato fatto, detto, pensato, provato, consumato e viene affannosamente Ricercato, apparentemente Riscoperto e Riposizionato.
Pensando che ciò comporti contenuti nuovi, significati diversi, risultati inattesi.
Apertura di orizzonti impossibili e straordinari.
Non prendendo minimamente in considerazione che chi non vedeva, non ascoltava, parlava a vanvera, pensava..., spesso sono gli stessi che riscoprono, riqualificano, rinascono.
Ovvio, gli errori e le esperienze aiutano ad osservare meglio, a cogliere dettagli e sfumature sfuggite, ma se il presupposto è il medesimo, ci si riduce a (Ri)mantenere uno stato di cose che comunque non risulta sufficientemente pesante per un reale cambiamento.
Lasciamo perdere il mondo della politica per un momento, dove ci sono docenti e massimi esperti del (Ri), riguardo se stessi e le loro idee, così volubili che il fumo di un fuoco di legna potrebbe essere confuso con un muro solido sorretto da colonne eterne.
Anche se spesso si dimentica che la vera politica siamo noi nella vita di tutti i giorni, nel nostro agire spicciolo, nelle nostre decisioni e compromessi. La Polis.
Anche noi (Ri)guardiamo spesso con occhi diversi le cose, quello che mi interessa è comprendere cosa ha comportanto la diversità dello sguardo. Una crescita od una emergenza, una consapevolezza o una resa, un progredire o un compromesso? probabilmente non ci riuscirò mai.
Per il semplice fatto che risulta impossibile definire l'invisibile linea di confine tra l'emozione e la decisione reale.
Lo si vede molto in rete.
Potentissimo strumento se fosse usato bene per atti coraggiosi e di reale cambiamento, si sta trasformando in un galoppo disordinato verso (Ri)scoperte e (Ri)condivisioni di links in un ingorgo confuso dove si recupera tutto e di più e si sta attenti ai passaggi, ai commenti, ai vari e diversi mi piace, in una gara di consensi che non è dissimile molte volte da ciò che si critica ogni giorno.
le cose piccole rimangono piccole, le scoperte si fanno incontrando gente, camminando sui sentieri della vita con gambe, orecchie, occhi, si costruisce sporcandosi le mani di fango, si scrive cancellando, correggendo, dubitando e scegliendo, si fanno foto perchè si è rapiti non perchè si pensa a pubblicarle, si va in piazza perchè dovrebbe servire, si ascolta e si comprende in un rispettoso silenzio, non correndo su autostrade telematiche, dove industrie commerciali, aziende di comunicazioni, economia speculativa e non reale, politici soliti e poteri forti hanno e stanno costruendo ogni giorno autogrill enormi come centri commerciali dove con una carta fedeltà virtuale sanno tutto di tutti e saranno sempre un passo avanti di ogni idea diversa.
Il (Ri)riciclo di un sistema vecchio come Matusalemme adattato ad un meccanismo che viene venduto come piattaforma della Libertà e nello stesso tempo i misteri diventano sempre più misteri (con sempre meno tempo per studiarli) travolti dalle novità, che per la loro stessa essenza, diventano vecchie domani sostituite da nuove e più accattivanti.
La vita corre, la fanno correre ancora di più non lasciando fiato alle pause, ai vuoti.
Tutto deve essere usato, sfruttato, deve rendere, anche quello che è falsamente gratuito.
Nel miraggio che possiamo andare perfettamente d'accordo con qualcuno in Africa, a Tokio, in Argentina, a Copenaghen, non siamo spesso in grado di dire un buongiorno al vicino e criticare quello che fa l'associazione che ha aperto una sede sotto casa.
In una Italia dove si muore per disperazione, in una Italia dalle promesse mancate, in una Italia silente su gravi casi di violenza istituzionalizzata, economica, privata,  tutto scorre via come acqua sulla roccia, un'Italia dove ogni giorno si comprende che dietro ogni atto è pulsante qualcosa di malato e sconosciuto senza avere possibilità nemmeno di contrastare, sta dividendo e polverizzando la reazione, la voglia di cambiamento.
C'è un bellissimo documentario film di Scorsese su Fran Lebowitz, dove lei dice, tra le tante cose sulla scrittura e l'arte, che prima c'era la televisione, rivoluzione culturale, ora c'è internet ma in fondo è sempre uno schermo. Siamo davanti ad uno schermo, telefonico, del pc o mac.
Schermi che hanno superato i confini, che producono in Cina, in India, in Vietnam, che usano materie prime rare distruggendo l'Africa, che accettano silenziosi il ritorno in fabbrica dei bambini, anzi, non ne sono mai usciti, esattamente come prima della rivoluzione industriale inglese, così osannata nello spettacolo di apertura delle olimpiadi.
(Ri)appropriarsi non basta. E' lo stesso meccanismo perverso consueto.
Bisogna cambiare, con  piccoli passi, piantare fiori nuovi nel giardino e smetterla di sentirsi vittime ed eroi.
Tutto è stato fatto, tranne quello che serve.
Ci sono persone che lo stanno facendo e questa è la speranza che mi sostiene e che mi consente di non avere troppa paura nel futuro.  
     

martedì 31 luglio 2012

Qualcosa nel cuore...

Oggi, dopo una giornata tra il pigro e l'attivo mi è capitata una cosa che mi ha riconciliato con quello in cui credo. Il rispetto della memoria, gli avvenimenti piccoli, le immagini, le storie delle persone, il bianco e nero, il cinema.
Vi faccio vedere una foto del 51, sei anni dopo la seconda guerra mondiale, scattata a Firenze da Ruth Orkin, "american girl in Italy".
In questa foto c'era l'Italia.
I monumenti, la lambretta, i marciapiedi con i bar, troppi e solo uomini nelle strade ad ammirare le straniere.


In un Paesino sparpagliato sulle colline italiane di oggi ho incontrato questa donna ammirata 62 anni fa da sconosciuti fiorentini immortalata in un istante di una Italia piena di speranze.
Guardandola bene, nella foto d'epoca, ha scarpe che si vedono in ogni angolo oggi, ha una borsa ed uno scialle assolutamente indossabili e le calzette bianche di certi uomini li ritrovi purtroppo anche ora come ritrovi gli stessi sguardi mai maturati.
Un post realismo ancora innoquo, non inquinato da progettualità, patti ed accordi, ma denso di una spontaneità pasoliniana abbandonata e malamente usata oggi.

   
Ecco la foto di oggi dove ha tentato di riprodurre un angolo, dove la moto è cambiata e dove lei non corre ma si è fermata, consapevole dell'istante. Dove i passanti non si accorgono della sua presenza.
Troppo impegnati a parlare, portare borse e i riflessi delle vetrine sono più accecanti della realtà.
Questa donna era in Italia nel 1951 ed è tornata.
Non ho chiesto quante volte, non ho domandato perchè, sono cose sue.
Non ho chiesto quanti anni aveva nel 51, sarebbe stato scortese.
Ma forse l'emozione, il sogno, realizzato o meno, ha mantenuto intatto la sua importanza.
Ripercorrere le strade che ha percorso, l'angolo che ha visto e ritrovarlo come era o totalmente cambiato, magari cancellato, non importa.
Il rispetto di essere non deve mai venire meno qualunque rotta si percorra.
Una cosa è certa:
qualcosa le è rimasta nel cuore.
L'Italia dovrebbe ritrovare questo cuore minuto che da sempre ha reso possibili miracoli sconosciuti.

venerdì 20 luglio 2012

Time out...


Time out, stop per un attimo, pausa.
Ovunque, da chiunque, destra, sinistra, centro ed estremità, si sente parlare di giovani, di problemi a loro connessi, al  futuro, alle loro speranze, sogni e desideri di una casa, di un lavoro, di una famiglia come meglio credono debba essere, delle loro future pensioni.Tutti argomenti pesantissimi e condivisibili per i quali è necessario agire con decisione e con la concretezza di una politica onesta e fattiva, purtroppo espressa da chi non ha nessuno dei problemi di cui superficialmente si occupa e sui quali esprime giudizi e propone soluzioni nella fiera della superficialità.
Ma non esageriamo. I giovani sono l'asse portante del presente e del futuro ma non dividiamo la società in settori generazionali. Esistono i maestri, i professori, i bidelli, i dottori, gli infermieri, gli autisti di autobus, i camerieri, i contandini, gli operai, i nonni... e non è detto che non abbiano gli stessi problemi.
Mia madre è stata giovane negli anni della guerra, senza telefonini, senza sms. Con una bicicletta andava in collina a barattare "cose" solide, come macchine da cucire, collane e bracciali, con uova e farina dei contadini prudenti, per la famiglia e per altri che al tempo non si potevano nominare. Mio padre è stato giovane, con la prigionia che lo ha invecchiato. Negli anni della ricostruzione e sottile entusiasmo della ripresa è emigrato nel lontano oriente, per fortuna della famiglia ancora da venire. Io sono stato giovane, adolescente nel 68, con i servizi Rai sul Vietnam che assomigliavano molto a quelli di oggi sulla Palestina, l'Iraq, la Siria, massacrata ora da un dittatore protetto e con le Nazioni Unite bloccate dai veti di Russia e Cina.
Ho respirato da ingenuo tredicenne la prima contestazione, il famoso maggio, immagini e filmati in bianco e nero. Ora tutto a colori. Le prime di gran lunga più veritiere.
 http://t.co/AdQixUw0
Ero attivo nel 77 ed i giovani eravamo in fondo gli stessi di sempre.
Chi si interessava alle cose importanti, alle illusioni, tanti, in un sogno comune e chi ne faceva dei cavalli da usare nelle gare della vita.
Chi, se veramente voleva, con un gettone in mano, nell'unica cabina funzionante, si faceva volentieri un chilometro a piedi per sentire la voce della sua fidanzata o avvisare casa che non sarebbe tornato. Non si facevano docce,  si mangiava robaccia e chi dormiva nelle università occupate perchè era tanto schick per poi tornare nelle ville su in collina sulle A112, magari "elegant".
Io c'ero. Io ho visto. E conosco maestri nel cambiare motivazioni e casacche come si cambiano vasi ai fiori. Ma poi cosa serve ricordare a volte mi domando...
Tutto era aperto. Tutto si poteva discutere, confutare, migliorare, cambiare, stravolgere per forse lasciare tutto uguale.
Era un'Italia piccola ma viva, un 'Italia nel vento che amava ancora i sogni e che usava testa, bocca, mani, sorrisi, lacrime, treni, per dirlo, per esserci, per esistere.
Poi, dopo vittorie e sconfitte, assoluzioni e coinvolgimenti, dopo la solidarietà ed i conflitti di idee,  condivisioni tra lo studio ed il mondo del lavoro,  la speranza e la realtà...
con un botto è arrivata la" Milano da bere".
Terreno fertile per ogni sorta di interpretazioni e speculazioni, letture e sviluppi, modificazioni e dimenticanze.
E in questo humus sono nati i miti del successo malgrado tutto, degli ambienti esibiti, della moda facile, della rucola ai ristoranti, della stretta di mano tra amici, della standa ricomprata, degli spot cambio di merci, ovvero, faccio pubblicità sulle televisioni "libere" e ti pago in prodotti che andranno esposti nel tuo supermercatone fisico e mediatico. Insomma, il sistema dell'immagine.
Lì i giovani hanno cominciato a lavorare. Agenti pubblicitari, grafici, fotografi, assistenti, comparse e mille altre figure.
I lustrini cominciavano a piovere a comando.
Sono convinto che in quel momento si sia rotto un ingranaggio fondamentale del meccanismo.
La convinzione che un dente rotto della ruota motrice non fosse una cosa importante.
E' stato l'errore di una buona fetta della cultura, dell'informazione, della televisione pubblica, del cinema che faceva film su Cortina, della Sardegna meta alla portata di tutti, di bollini sempre più rossi sulle autostrade, di "ho fatto un leasing"...
E' stato il tradimento più pesante di una sinistra con il suo Paese e se non ci fossero state persone come Belinguer, purtroppo fino a solo l'84, Lama e Pertini sarebbe scomparsa.
In fondo siamo" per sempre coinvolti" se abbiamo il coraggio di guardare con onestà la realtà, in ogni cosa accaduta, tranne i misteri.
Ma chi ha coltivato, usato, prosperato sui misteri è anche stato votato e rivotato.
Ecco perchè siamo ancora coinvolti.
Sono riflessioni nate come se guardassi un almanacco, come se  toccassi con un dito una foto ingiallita, come attraversassi non il Louvre, ma quei piccoli musei che si trovano nei paesini che espongono i vecchi aratri e i falcetti arrugginiti.
E mi domando... ma io c'ero? Sì.
Ecco perchè non mi sento mai assolto. 

mercoledì 11 luglio 2012

Non capisco...


Veramente non capisco.
Cosa ci vuole a capire, riconoscere la realtà per quella che è nei suoi aspetti negativi e scarsamente positivi?
Io non ci riesco più.
Sono sempre i soliti che ne descrivono le fotografie, sono sempre i soliti che parlano, e molti di quelli che parlano oggi, governavano ieri, l'altro ieri e quasi da trent'anni. Si scambiano gli abiti come aprissero il baule dei costumi di una compagnia di avanspettacolo... "cavolo, stasera non posso fare il re ma almeno mi prenoto per la prossima esibizione...", hanno il loro copione che varia il testo controllando i sondaggi.
Il pubblico ha poca memoria, vede due lacrime, due gatti, due tette, due soldi, due barche, due premi, due interviste, due spiagge ... e riapplaude.
No, non è così.
Un amore si costruisce ogni giorno, una lacrima andrebbe in silenzio asciugata, un cane ed un gatto hanno bisogno di attenzione quotidiana, una barca ha bisogno di manutenzione, non risorge spontanemamente ogni estate, i premi si vincono perchè si deve essere bravi, non perchè si è figli di una casa editrice, una mostra la si fa quando si ha qualcosa da dire di vero non certo perchè si spendono energie nel cercare il gallerista potente. Un film lo si fa perchè uno Stato degno di questo nome e che rispetta la cultura, destina fondi alle idee e non hai divani dei produttori.
Una Repubblica non si rafforza per una partita di calcio ma perchè ama lo sport Vero quello dove succede che si perde.
Un presidente dovrebbe riflettere ed esserlo per tutti, soprattutto, se di cultura di sinistra, di quelli meno fortunati.
Un sindacalista dovrebbe guidare da solo un'utilitaria, non arrivare alle prime della Scala o dell'Arena con la scorta.
Un personaggio che si "diverte" con minorenni da tempo, dovrebbe essere bandito e ricoverato, non parlare in televisione.
Ma tutto questo accade perchè i teatri della vita sono sempre tutti pieni, pronti a rimpiazzare i posti vuoti con una lunga lista d'attesa.
Se non si vendesse un biglietto, le sale vuote, le poltrone polverose, il teatrino che recita davanti ad una platea deserta, trasmissioni televisive con picchi negativi... Vespa con lo 0,2 di share, ma anche Ballarò... Ferrara, Formigli che invita Borghezio, Santoro che invita Tremonti a fare una lezione di economia imperfetta... se crollassero gli indici di ascolto e quindi la pubblicità che gongola delle liti che fanno notizia...
ecco, allora ricomincerei a capire.
Vedrei le piazze piene di gente stanca ma consapevole
che sorride anche se preoccupata e provata, perchè vede il paese vivo intorno
e quando esiste la Vita esiste la Speranza.
oggi vedo solo fughe, stanzette, link, citazioni, canzoni, motti, cinguettii, ironia da "l'uovo del serpente".
Ci siamo dimenticati dei terremoti, il primo quello dell'Aquila, ora quello dell'Emilia, io non mi sono dimenticato gli storici.
Stiamo costruendo "new town" dell'opinione non dell'esistenza, non della vita.
Ci dimentichiamo del mondo, questa è la verità, perchè abbiamo così tanti mondi a cui rispondere che non siamo in grado di sollevare lo sguardo e cogliere un solo orizzonte.

mercoledì 4 luglio 2012

Sguardi


Lo sguardo è ciò che ti consente di vedere, di essere visto, di lavorare, di scolpire un'emozione.
Di carpire un frammento del pulviscolo della vita e renderlo un prezioso reperto.
Di decidere inconsciamente qualcosa senza alcun programma.
I programmi rovinano la visione spontanea, è un dato di fatto, almeno lo è per me.
Più le cose si caricano di doveri, meno si ha capacità di vedere e più si pretendono sguardi benevoli e comprensivi che si accontentano di briciole recenti per avere, noi, conferme alle cose che guardiamo.
Il guardare è diverso dal vedere.
Più si è scevri di attese, di risposte, di avvalli o negazioni, più la nostra capacità di guardare/vedere è libera di giudicare e scegliere.
Non esiste cassiere, tra i mille che ci sono per ogni aspetto della vita, che ci  possa assicurare dagli effetti di una sguardo.
Per me sono fondamentali.
Ho raccolto sguardi indifferenti e supponenti perchè privi di dati, cambiare in sguardi complici e fintamente interessati una volta a conoscenza dei rimbalzi.
Ho ricevuto sguardi meravigliosamente fragili, sconosciuti, rimasti incisi eternamente nell'istante accaduto.
Senza nessuna spinta ad approfondire, a costruire, a sognare, a realizzare.
Semplicemente la bellezza di un istante che si apre e si chiude nello stesso momento.
Ho come l'impressione che la nostra voglia di capire tutto, di comprendere ogni cosa, sia inversamente proporzionale al capirsi, all'essere.
Lo sguardo è in grado di giudicare senza proferire parola
Lo sguardo è in grado di aprire cancelli senza nessuna chiave
Lo sguardo ci offre informazioni che spesso ignoriamo e delle quali poi ci lamentiamo, affannandoci a cercare responsabilità inutili.
Sempre fuori da noi stessi.
Lo sguardo è l'unico elemento che ci tiene ancorati alla nostra natura "animale", nel senso più alto e complesso della parola.
Ma con una differenza tragica e fondamentale.
Siamo gli unici che hanno, pur guardando e vedendo, avuto l'immaginazione di costruire gabbie.
Nessun animale sarebbe mai stato in grado di pensare una soluzione simile.
E attraverso le sbarre, lo sguardo si polverizza e si ricompone, con il tempo, in uno specchio di sabbia.
Dove guardare e vedere coincidono, visto che ciò che si ha davanti e vogliamo raccogliere, siamo sempre, solamente, noiosamente noi stessi.



 

domenica 1 luglio 2012

Partita...

Ho visto la partita...
non mi rammarico per il risultato, ma per il fatto che mi ero promesso di non seguire il campionato europeo per motivi miei.
Però mi ha dato spunto per alcune riflessioni.
Gad Lerner che posta su fb..o chi per lui.
Tre giorni di mito ovunque di Balotelli senza maglietta... che ha promesso quattro reti alla Spagna e... fatto... totalmente annullato nel corso della partita.
Giornalisti, commentatori, di un livello così antisportivo da rimanere allibiti, fino a dire che è un risultato arrivare dove siamo arrivati dopo tutto ciò che hanno sparso su giornali e televisioni negli ultimi tre giorni e in diretta.
Abbiamo fatto paragoni tra il calcio e la situazione italiana?
Adesso sarebbe onesto affermare che ci si è sbagliati.
Ma non accadrà.
Si dirà, perchè più facile, che Monti, con la sua espressione ingessata, ha portato sfortuna, dimenticandosi che la sfortuna non esiste e che Monti, è dove è, per l'incapacità di chi c'era prima, arrivati dove erano con i voti degli italiani, pur con una legge elettorale nefasta e, per la stessa legge, continuano a sentenziare.
Come sempre è bello criticare.
Siamo tutti allenatori della nazionale, come siamo tutti primi ministri.
Non è che la casta, il più delle volte, invece di indignare, la invidiamo?
E' più corretto parlare di Caste.
Politiche, immobiliari, sportive, televisive, culturali, locali... fino ad arrivare ai quartieri ed ai cortili.
E il web, alla fine, non risulta più piccolo di quello che ci si aspettava?
Si adegua?
Si potrebbe dire che è la democrazia, ognuno liberamente esprime la sua opinione.
Ma come la mettiamo con il "mi piace"?
E' una scelta neutra, non esprime il perchè, si cerca il titolo roboante e si controlla l'effetto che fa.
Iannacci lo aveva già fatto con il leone scappato dallo zoo in una sua canzone di molti anni fa.
Cambiano gli strumenti, non le persone.
In modo estremamente umiliante, come italiano che vive all'estero, ricordo i titoli del "Giornale" e di "libero" dopo la vittoria sulla Germania.
Ho visto alcune riprese del congresso della lega in uno spazio enorme vuoto, nemmeno tutte le sedie erano occupate ed ho letto che borghezio, una ameba culturale, ha detto che balotelli è un padano di pelle scura.
Si usa tutto per raggiungere lo scopo.
Si inquina tutto per cancellare ogni tipo di spontaneità nelle cose che si fanno.
Ho letto l'intervista di d'alema... il Massimo dell'amianto politico.
Ricordo i commenti, i giornali e soprattutto la rete, un'apoteosi di foto, di link, di esempi, in una masturbazione collettiva verso i vicoli più schiumosi.
Io sono un italiano imperfetto forse, ma credo che lo spirito debba essere dimostrato in modi diversi.
Non sono un tifoso, non sono un ultrà, per quanto riguarda il calcio.
Sono contento per la Spagna, hanno giocato molto meglio delle chiacchere delle nostre illusioni e nel loro piccolo, hanno avuto le piazze piene anche per altre ragioni.
Una Democrazia metà più giovane della nostra, la Spagna.
Mi auguro che l'Europa non arrivi mai a sostenere " meglio due feriti che un morto", ma purtroppo credo che sia la via più facile in ogni decisione.

lunedì 25 giugno 2012

Formigoni...


A me onestamente interessa poco se l'accusa è fondata o meno,
altrettanto non mi interessa niente la sua crociata difensiva.
Chi avrà ragione o torto, alla fine, l'Italia cambia poco, non modificherà le cose.
Mi interessano le parole usate.
In una intervista riguardo la stampa l'esempio usato dal celeste presidente è stato
"Quando i presidenti americani non vogliono rispondere ai giornalisti, salutano con le mani e salgono sull'elicottero..."
oppure il lapsus tra presidente di Regione e Presidente della Repubblica...
ed  ancora... la citazione di Giuda in una trasmissione di Gad Lerner.
Ora, relavamente a questo ultimo esempio, il fatto di pensare che esista un Giuda, presuppone l'esistenza di un Cristo tradito. Sono fermamente convinto che non esista paragone più lontano tra un Formigoni ed un Cristo, per il solo fatto che uno dei valori fondanti dell'esempio di Gesù è stato ed è l'umiltà.
Farsi piccolo tra i piccoli, condividere le paure, i pesi, senza trovare scuse di complotti, demonizzazioni di una idea politica e non scandalizzarsi per una accusa.
Tutto ciò è più consono ai Caifa.
Porgere l'altra guancia, cosa impensabile per uno che ha abbracciato la filosofia politica PDL.
In fondo il Signor Formigoni non ha percorso vie Crucis, nessuno gli ha piantato chiodi ed ha il banchetto più ricco di bagliori nel tempio di Salomone.
Ha cambiato le regole democratiche per continuare a fare il presidente di regione oltre i limiti di legge, accaparrandosi meriti non suoi ma della Storia, con l'S maiuscola della sua regione, costruita su personalità silenziose, concrete e costanti.
L'eccellenza di cui tanto si sente parlare è stata eredita dai secoli, non certo perchè un signore di pessimo gusto sorride dai grattacieli dietro alla sua scrivania su misura o si sdraia sui divani delle manifestazioni fieristiche.
Questo livore patetico poi verso il comunismo, il socialismo...
Mio caro presidente, le auguro come si fa ad ogni nemico, di capire un giorno che la religione alla quale potententemente crede di appartenere è più aderente al più imperfetto dei socialismi che al suo amato, egocentrico, arrogante berlusconismo.
Credo anche che, per uno come lei che ama la ribalta, senza conoscere nulla delle regole che la guidano, sia dotato di una sensibilità sufficiente per comprendere che il termine "formigonismo" sia decisamente cacofonico tanto quanto il personaggio che lo rappresenta.  

lunedì 18 giugno 2012

La macchinina



Mi è ritornato alla mente, non so perchè, un fatto che mi è accaduto una delle prime volte che sono arrivato per le vacanze in Italia nella città di mia madre.
Forse perchè i miei occhi e pensieri erano pieni di spazi e deserti e se uno scartava
di lato poco accadeva. Le piste si facevano passandoci, le strade si formavano compattando, passo dopo passo, gomma dopo gomma un percorso sempre più battuto che diventava familiare. Certo c'erano anche i nastri asfaltati. Ma quelli erano dedicati alla capitale, all'aeroporto, alla diga e per qualche chilometro vicino alle frontiere.
Mia madre mi portò a prendere un gelato ai Giardini Pubblici della città. Uno spazio verde, nato con i Farnese e poi arrivato tra le mani della Duchessa, che si adagia sulla sponda occidentale di quello che noi da sempre ci ostiniamo a chiamare fiume.
Ebbene, in quel giardino immenso, vicino al chiostro dei gelati, granite e granelle stazionava un vecchio signore che aveva un parco macchinine a pedali. Si dividevano in due categorie, le automobiline classiche, rigorosamente in metallo e i grilli. I secondi erano utilizzati da quelli che volevano fare le gare tra di loro nel lungo rettilineo che andava dalla fontana al palazzo. Non era un normale pedalare, avevano un meccanismo che ricordava le macchine tessili o gli organetti, si spingevano i piedi in avanti paralleli.
Io ho sempre preferito le prime con la classica pedalata a rotazione.
Era difficile trovare disponibili quelle buone. Molte erano pesantissime e le catene non erano oliate a dovere.
Quindi spesso accadeva che si doveva attendere il ritorno di qualche altro bambino che poi non voleva mai scendere. Finalmente potei mettere il sedere nell'abitacolo e le mani strette al volante di una fiammante, ai miei occhi, Lancia Fulvia. Era rossa e con i fari grossi.
Mi ci sentivo bene.
Dopo le interminabili prediche di mia madre sono partito.
Aveva pagato per mezz'ora ma il tempo non contava.
Mi sono mosso per un pò lì intorno ma c'era molto traffico, biciclette, altre automobiline, bambini urlanti, pedoni, quindi decisi di allontanarmi un pochino in direzione della fontana circolare, di girarle attorno e poi rientrare. Mano a mano mi allontanavo, gli schiamazzi si attutivano e cominciavo a sentire le fronde degli alberi, gli uccelli, le anatre nell'acqua ed ho cambiato marcia. Intesa come velocità, il motore erano le gambe e non era provvista di cambio.
In prossimità della terza curva della fontana si apriva un cancello che conoscevo bene, conduceva in strada, dove c'era una rotonda vera e tenendo la destra ci si immetteva nella strada che portava a casa nostra quando eravamo in Italia. Mi è sembrato normale imboccare il cancello e mischiarmi nel traffico, tenendomi ben a destra, ma ho subito compreso che la mia velocità non era simile a quelle delle auto grandi e vere che mi sfioravano, minacciandomi con i loro clacson e i fanali enormi all'altezza dei miei occhi. Decisi quindi che la cosa migliore era quella di girare tutto intorno alla rotonda e rientrare in giardino. L'automobilina oltre a non avere il cambio disponeva di una retromarcia complicata e con le mie gambe lunghe già allora sarebbe stato un problema.
Spingevo sui pedali sorpassato da cinquecento rumorose, da millecento seriose, da furgoncini a tre ruote. Non me ne curavo, io guidando benissimo, facevo la mia strada sperando che girando girando arrivasse nuovamente la visione del cancello dal quale ero uscito.
Purtroppo arrivai ad un punto che per quanto spingessi con le gambe sui pedali non avanzavo di un centimetro. Un signore alto, vestito di blu scuro con un pesantissimo casco bianco aveva afferrato la maniglia, quello che oggi chiamiamo rollbar, e aveva bloccato il mio viaggio. Mi guardava molto male e non capivo il perchè, stavo tornando, facevo tutto per bene, mi infilavo negli spazi senza disturbare nessuno.
Lui riconobbe il mezzo e comprese da quale garage ero uscito. Mi portò sul marciapiede, cosa che allora non capì e mi fece pedalare per una strada più lunga. Ricordai mia madre che mi diceva spesso di non seguire gli sconosciuti e mi domandavo cosa fosse più giusto fare. Ma vedendo gli alberi, il muro e dopo poco in lontananza la fontana, mi resi conto che stavamo tornando da dove ero partito.
Tutto questo viaggio, senza rendermi conto, era durato circa due ore e quando tornammo alla stazione di partenza, mia madre non c'era, era andata in giro a cercarmi temendo che fossi caduto nel laghetto della fontana.
Ma non c'erano segni di frenata, piume di anatre investite e quindi tornò sui suoi passi trovandomi sotto lo stretto controllo di quello che poi ho capito fosse un vigile.
Non vi dico cosa accadde, solo che la successiva volta per le mie mani intorno ad un volante passarono 16 lunghi anni, disponevo del cambio, della retromarcia e di un pezzo di carta rosa con la mia fotografia.

Ma quella Lancia mi è rimasta per sempre nel cuore.

mercoledì 13 giugno 2012


Questa sera, mi sono fermato in un caffè.
Mi sono seduto ad un tavolino fuori per godermi quel prezioso e breve momento che passa dalla discesa della luce naturale e l 'accensione di quelle lampade orribili e livide che spesso illuminano il centro.
Da lontano ho visto arrivare un personaggio che tutti chiamano Enrico.
Rigido, teso.
Camminava veloce, spingeva una gamba offesa da un vecchia caduta, guardava fisso e come di consueto parlava da solo a voce alta.
Conosco la sua storia.
Entra nel bar con una risata cristallina e chiede un caffè o un bicchiere d'acqua.
Lancia due battute, paga ed esce.
La sera di oggi, rasentando il mio tavolo ripeteva:
"Internet non ha voce, internet è sordomuto..."

Mi ha colpito e mi ha fatto riflettere.

giovedì 31 maggio 2012

Tremori...


Quando la terra trema, sembra sempre accadere più o meno lontano da noi.
Coinvolti emotivamente, onestamente dispiaciuti, manteniamo sempre quel piccolo diaframma di distanza che ci consente di indignarci, di prendere posizione, di preoccuparci, di consigliare soluzioni, indicazioni, senza spesso andare alla radice dei problemi, dove spesso, in misura diversa, siamo parte in causa con i nostri comportamenti ed attese.
Quando trema la terra, la terra dove poggiamo i nostri piedi, dove vengono allineati mattoni buoni per una tana, una casa, il laboratorio, tremano anche le nostre certezze. Dondolano i nostri sogni ed i pensieri si fanno fragili, il futuro si annebbia. Una memoria precaria ed assopita riaffiora e si appende ad un filo di ragno troppo sottile per sostenere tutto. Prendiamo coscienza della nostra piccolezza di fronte alle forze naturali di un pianeta sfruttato e manipolato che si ribella ai disegni poco divini degli umani. Strade, città, campagne dove, con una fretta esasperante, sono state piegate regole e tempi. Il fare di oggi non corrisponde più al "fare" di un tempo. Oggi significa massimo rendimento di ogni cosa con il minimo dei costi e dei tempi e poco importa se non si attende che il cemento maturi e si asciughi, che si risparmi sui ferri, poco importa se nelle betoniere scivoli molta più sabbia ed acqua del dovuto, non è fondamentale se i collaudi sono fatti in cinque minuti con una visita superficiale dall'esterno.
Devono entrare quanto prima macchine e uomini negli spazi, famiglie nelle case, devono rendere al più presto.
Solo quando gli eventi di una natura, non crudele, cattiva o imprevista, mostrano in tutta la loro violenza i limiti di un egocentrismo esasperato allora si spendono propositi, sconvolti si cercano per pochi mesi i responsabili. Quando i fiumi, la terra, la pioggia ed il vento, il fulmine ed il vulcano si manifestano più forti ed egoisti di ogni nostro sentimento e preghiera è allora che ci rendiamo conto che stiamo trattando questo pianeta come un secchio senza fondo. Continuando a farlo. Dotati di scarsa memoria ricrediamo però presto alla nostra potenza e capacità di imbrigliare ogni difficoltà dimenticandoci completamente delle regole, il rispetto del vero imprevisto, della necessità che le cose devono essere fatte e gestite bene, che è un'altra cosa.
Con i monumenti trascurati, le chiese e le torri dimenticate, i fiumi asfaltati, campagne cementificate, montagne forate, colline disboscate, cittá intasate crollano le nostre convinzioni di onnipotenza, le strategie che vorrebbero rendere l'uomo un dio in grado di imbrigliare il cuore pulsante del pianeta costituito da acque, venti, terreni, aria e nuvole in una rete soffocante di interessi. Crollano per poco però. Per una breve pausa. Un istante di silenzio per poi intasarlo di parole vuote, promesse che mai si manterranno e da calcoli puramente economici e ricominciare come prima, protetti da statistiche manipolate. Fino a quando non ci si renderá conto che i parametri di analisi non si devono unicamente ridurre allo spostamento di un tratto sulle carte di  un piano regolatore ed al costo del metro quadrato di una casa civile o di un capannone, che il tempo breve è un cattivo compagno di strada, continueremo a fare e disfare, a comprare e piangere, a ridere e scappare. Sono convinto che non sia solo una questione di soldi, parata sì parata no, stato sì stato no, ma che purtroppo sia un metodo sciagurato di affrontare le cose, dai vertici alla base, patologia di uno sviluppo perverso riuscendo a vedere, affetti da una grave miopia, solo l'oggi e che faticosamente non riesce ad arrivare più in là di domani.

mercoledì 23 maggio 2012

20 anni (Palermo 23 maggio 1992 - 2012 )

20 anni è l'età di una giovane persona...
Nata nel 1992, ignara mentre si aprivano voragini nelle autostrade con un boato che continua ancora oggi, dopo 20 anni.
Un giovane, una giovane che senza saperlo avevano pronta davanti a se e senza alcuna colpa, meno democrazia e molti più misteri che si sono aggiunti al già ricco elenco delle pagine orribilmente nere della storia italiana.
Un  giovane, una giovane, molti giovani nati in quella data, potranno vedere Falcone solo sui filmati, nei racconti, fotografie, dentro i libri se lo vorranno.
Sono arrivati o arriveranno a comprendere che molte delle loro speranze sono sepolte in quel cratere dove sono evaporate persone, idee, ideali, giustizia, verità, rispetto, politica sana. Rotolate giù per la scarpata come sassi che hanno fatto inciampare i passi dei potenti.
Ma anche se tutto è stato nuovamente asfaltato, disegnate le strisce bianche, da quella buca, germoglierà ogni giorno un seme e verdi piantine bucheranno inesorabilmente la strada, liberando ancora ed ancora le idee, e le speranze con loro.
Potranno usare tonnellate di ghiaia e bitume ma i gambi delle piantina saranno sempre più lunghi, forti sempre "Capaci" di raggiungere il sole attraverso il nero del catrame.
Fuori troveranno giovani con le mani pulite piene di pioggia.
Distese di cemento ed asfalto, di cave e cantieri si trasformeranno in verdi giardini. Accadrà.

martedì 15 maggio 2012

Dittature dorate

A volte mi capita di leggere e sentire discorsi e opinioni sulle dittature. Si pensa che la dittatura, nell'immaginario collettivo, indossi gli abiti di sempre, il muso duro, la barba o baffetti, occhi di fuoco, divise nere o grigie.  Questo lo pensano solo i pericolosi scalmanati ed ignoranti  di forza nuova e casa pound che vivono di simboli e slogan che non conoscono ed insopportabili macchiette come La Russa, Scilipoti, Alemanno, Borghezio e membri dei loro clan. La barbaria non è sognante, è ipocrita, squallida e schifosa. Certamente i Saddam, il colonnello libico, quello siriano lo sono e hanno fatto di tutto per essere ricordati come tali. Ma non bisogna dimenticare che sono stati messi al loro posto perché servivano a "dittature" peggiori e subdole. La vera dittatura, quella malata, inquinante, con batteri e virus tutti al posto giusto è quella finanziaria che riesce anche ad avere una faccia pulita, da benefattrice, baluardo della libertà e della democrazia. Questa è la vera e più spietata delle dittature. Con le loro banche che affondano intere nazioni e popolazioni, con le grandi aziende di materiale bellico che si fanno pagare le forniture con gli aiuti economici agli stati, con le multinazionali farmaceutiche, alimentari, cambiando ecosistemi e abitudini di vita modificando i territori a loro uso e consumo. Con quelle energetiche in groppa a ronzini e come cavalieri dell'apocalisse frustano la paura e l'ignoranza di grandi notti fredde e buie.  Intorno a queste grandi, infinite api  regine ruota una popolazione di manager, politici, intellettuali, sociologi, artisti, badanti, pescatori, generali, costruttori, agenti turistici, vescovi e preti, faccendieri, giornalisti, attori, pubblicitari, architetti, geometri, assessori, puttane... Contagiati dalla malattia della carta moneta e dell'ancora peggiore batterio del potere.  Tutta una popolazione impegnata intorno all'addome nel totale anonimato del singolo e dei suoi problemi.  Le stesse regine comunque hanno un senso del controllo così preciso che concedono anche la possibilità di gratificazioni morali e a volte ti invitano a "regalare"  un sms da due euro dal quale si trattengono percentuali per costi di gestione, che vuole dire traffico in più, come sensibilità, senso civico a cause umanitarie. In un costante, scientifico progetto di depredazione, di anestetizzazione del senso comune, dell'appartenenza ad una famiglia, ad una società, al lavoro. Dividendo, separando, smembrando, indebolendo. Più si è divisi più è semplice per questo tipo di strategia radicarsi. Questa è la vera dittatura, subdola, marcia, potente, odiosa che sta uccidendo il mondo. Lo stesso mondo che spremono, convinti che le persone che lo abitano, siano sempre pronte a guadagnare un giorno dando in cambio la vita ed i sogni. Ma sbagliano.

giovedì 10 maggio 2012

Fiori di plastica



Certe cose sembrano durare sempre
poi a guardarci bene dentro si capisce che
ciò accade perchè artificiali.

mercoledì 2 maggio 2012

Domande...


Non so.
Sono tante le cose che penso, giuste o sbagliate che siano, 
ma ho seri problemi a ridurle in slogan.
Non sono alla moda.

sabato 21 aprile 2012

Un fatto personale

A volte la vita riserva delle sorprese inaspettate.
Una mail di un genitore che non conosco e mai conosciuto personalmente, padre di una mia collaboratrice di molti anni fa.
Miracoli della rete.
Mi accontento sempre e serenamente di poco e queste semplici righe hanno dato un senso in più ai miei pensieri di questa settimana.
Sono contento che esistano ancora tempi e spazi per cose buone e gratuite. 


" Gentilissimo Sig (...........) 
sono il papà della sua ex collaboratrice (...... .....) che mi ha sempre parlato di lei come di un ottimo professionista ma soprattutto come un collaboratore di grande umanità e sensibilità. 
Spero, lì dove si trova, possa avere i successi professionali che credo meriti  e la ringrazio per la professionalità che ha trasmesso alla mia ( ........... ).
cordiali saluti 

(.........)"

Scusatemi queste piccole briciole di orgoglio ma è piacevole venire a sapere che ciò che si è seminato a volte produce effetti che superano gli anni ma non la memoria delle persone.  

Antipolitica?


La vera Antipolitica è un parlamento pieno di indagati e condannati.
Di senatori e deputati che cambiano schieramento come cambiassero la biancheria. Se qualche volta lo fanno.
Antipolitica sono personaggi come Scilipoti pagati dalla comunitá.
Il vedere in giro manifesti dichiaratamente di stampo fascista, vietati dalla costituzione, e non intervenire. Antipolitica è D'Alema che al governo non ha fatto una legge sul conflitto di interessi.
Antipolitica è una legge elettorale scandalosa che protegge i soliti e li riconferma costantemente.
Antipolitica è non rispettare i risultati dei referendum contando sulla scarsa memoria alimentando incubi di recessione, paure e allarmismi per mantenere tutto inalterato.
Antipolitica è vedere Bersani, Alfano, Casini, seduti ad un tavolo e parlare di cose che avrebbero potuto e dovuto fare quando erano al governo e non hanno mai preso in considerazione.
Antipolitica e vedere partiti che cambiano nome ma non le facce.
Antipolitica è Renzi che parla dell'articolo 18.
Antipolitica è continuare a tollerare il marcio, raccontare il falso, mettere figli, nipoti, mogli, mariti, fratelli, amanti vari, ovunque, stipendiati dallo stato.
Antipolitica è usare i servizi pubblici, la Rai per le proprie strategie di potere
L'antipolitica l' hanno costruita, cresciuta, alimentata loro, con un sistema di clientele arrogante e volgare.
Nutrito di egocentrismo e vanità di potere, di visibilità.
Antipolitica sono i plastici di Vespa, le paranoie di Ferrara, finanziamenti ai partiti mascherati da rimborsi elettorali, la religione usata come strumento, le Audi che li nascondono alle domande.
Antipolitica è anche finanziare la cultura solo perchè le amicizie... fare film invedibibli perchè la produzione è di... tagliare nastri alle feste del tartufo e le riunioni a Cortina.
Antipolitica è Tremonti, anche se scrive libri, che pensa ad un partito dopo aver distrutto il suolo dove dovrebbe operare...
Antipolitica sono molti giornali ben pagati dalle tasse, che come topi saltano sulle gomene delle barche che non affondano in un riciclo continuo di una informazione manipolata fatta di titoli che si protituiscono...
Antipolitica è rimettere i sanpietrini in una piazzetta piena di buche e chiamarla "riqualificazione".
Antipolitica è l'ignoranza portata in palmo di mano come un diamante prezioso ed indispensabile.

Antipolitica e vedere e capire tutto quello che accade e non fare niente per cambiare, riempiendosi la bocca di termini e problemi globali per diluire e nascondere la responsabilità di persone che calcano il nostro parlamento da 10, 20, 30 anni senza aver inciso niente e in nulla.

giovedì 12 aprile 2012

Adesso...


Cominciano un tantino a girarmi veramente le scatole...
Stanco di salotti dove si dice tutto e nulla cambia.
Stanco di televisioni che spruzzano alcool nei caminetti per avere la fiammata degli ascolti, stanco anche di una certa parte della rete che si diletta in critiche tra un bacino, una sentenza ed una fragile memoria che svanisce, pronti alla prossima bandiera ed ironia.

Una squallida informazione va di pari passo con una più che scarsa e mediocre politica di uomini ed idee, a qualunque schieramento appartengano.
Avete avuto modo di notare " Libero", gran "giornale" con il suo direttore fortunato scampato ad un attentato?
Suo malgrado, tristemente, deve fare titoli di prima pagina sullo scandalo della Lega.
Trova comunque il modo di essere penoso come è sempre stato.
Quando parla dei fondi leghisti usati per la ristrutturazione della casa del suo leader  parla de  " La casa di Montecarlo di Bossi"... e poi ritroviamo Salvini a "Piazza Pulita" che blatera di ripartenza ... anticipando con un marketing di quart'ordine la prima pagina della Padania di domani.
Credo che la parola " pulizia", insieme a "democrazia", forse insieme a libertà, sia una delle più abusate e sfruttate dell'interno vocabolario della torre di babele.
Lasciamo perdere il termine informazione, che è meglio.
Mettiamo insieme ai rimborsi elettorali ai partiti anche i finanziamenti pilotati all'editoria e cancelliamoli entrambi.
Poi ricominciamo a parlare.