domenica 19 febbraio 2012

Cinema


Oggi voglio parlare di cinema.
Quel cinema che con i Taviani è la farina grezza e naturale del nostro buon pane e della nostra dieta.
Non ho potuto non pensare ad un neorealismo contemporaneo.
Le condizioni sono diversissime. La pigrizia si annida dietro i fogli di ogni sceneggiatura e gode al primo trailer, tracimando (una parola che odio inventata da un vecchio ministro) dalla televisione al cinema, dalle case di produzione televisive alla pellicola, dai set di cinecittà a quelli  tunisini.
la folla di autori che si scaricano da trasmissionucole ai set è una costante.
In Italia, pur nella crisi, siamo pieni di festival, di incontri, di programmi, di canali in chiaro e a pagamento, dove si riciclano luoghi comuni, si rivalutano generi patetici, si intervistano tutti e fioccano le riviste impegnate nella fiera delle rivalutazioni, riletture e del revisionismo culturale, fino ad arrivare ad Alvaro Vitali e a sky che manda in onda infermiere, vigilesse e spiagge della versilia.
Per inciso gli stessi meccanismi valgono anche per il mondo dell'arte, ma ne riparlerò.
Berlino ha premiato la coerenza di un paese, di un cinema capace, coraggioso, che non attende, che non elemosina. Poteva farlo solo una città che fino a pochi anni fa è stata divisa, in un confronto tra estremi.
Sono contento per i Taviani, sono contento per un cinema che viene da lontano.
Vorrei che ci fosse più coraggio, che ci fosse più amore per un cinema vero.
Vorrei che la Rai si impegnasse nelle produzioni senza timori, senza obblighi di dare spazio ai vincitori dei reality, dei sopravissuti di isole lontane o del fenomeno di turno di qualche trasmissione di aleatorio successo.
Oppure dare finanziamenti seguendo il concetto della par condicio o le masturbazioni del ministro di turno.
Vorrei che il primo produttore pubblico del Paese conceda le condizioni affinchè le sue sedi periferiche, calate sul territoro, abbiano l'autonomia di decidere e rischiare su realtà locali, avendo per primi il polso della situazione.

Grazie ai Taviani.
Non si sono viste molte notizie durante la lavorazione, interviste e promozioni.
Hanno vinto con il prodotto, con il loro impegno, con il loro sguardo e coerenza e amore per il cinema.
Lo preferisco come meccanismo a quello di "Habemus Papam" per il quale si sono riempiti giornali e trasmissioni televisive fino alla nausea. 

giovedì 16 febbraio 2012

Dove è la sinistra?


Io ricordo molto bene ai tempi dell'università, ma anche prima, appena arrivato in Italia, alla domenica, in quelle strane e calme domeniche parmigiane qualunque cosa fosse accaduta, verso le undici del mattino, si sentiva suonare alla porta una prima volta. Aprivi senza timori l'uscio e vedevi un signore anziano con un fascio di giornali appoggiato sul braccio. La mano libera stringeva una copia in bianco e nero de " l'Unitá ".
Con la sua cadenza tipica emiliana, da lavoratore di lunga data usando parole dialettali ti offriva l'informazione e se capitava di non avere moneta per pagarne il costo, la regalava perché sapere e capire era più importante di poche lire. La si poteva ritirare o meno, non si era costretti, ma si percepiva forte la convinzione e la passione di chi te la offriva.
Ogni sezione, anche la più periferica, disponeva di un certo numero di copie gratuite allo scopo.
A volte entrava per un caffè o un bicchiere di vino e ti aggiornava su gli incontri, delle cose fatte e da fare e invitava caldamente a partecipare alle riunioni di quartiere.
Era una rete capillare, diffusa sul territorio, dove si confondevano temi nazionali con le realtá di quartiere e cittadina. Una cittá medaglia d'oro alla Resistenza, cittá delle barricate.
Si potevano condividere le idee o meno, ma c'era un contatto diretto, periodico, umano, fatto di parole, di volti, di strette di mano, di esperienze e storie.
Una mezz'ora dopo, nella stessa domenica, altro colpo di campanello e aprivi ad un ragazzo, spesso una donna, che ti offriva, questa gratis, " Famiglia cristiana".
A volte i due si incrociavano per le scale, perché facevano ogni piano, ogni porta.
Si salutavano e proseguivano il loro rispettivo e simile lavoro.
E' un ricordo forse romantico, folcloristico ma vero, queste cose accadevano, il contatto esisteva.
Penso a ciò perché in questo mondo di esplosa informazione, spesso privo di pause di riflessione, ho come l'impressione che le distanze, invece di essersi accorciate, siano aumentate a dismisura.
Erano tempi, vissuti direttamente, dove la politica, nel bene e nel male, di errori ne sono stati fatti tanti anche allora, era in mezzo alla gente. Nei quartieri, nelle strade, nelle fabbriche, nelle piazze e scuole e si aveva il polso del momento, delle delusioni e dei sogni, dei progetti e delle speranze, dei lutti purtroppo ma anche delle conquiste.
Certo, non è più possibile tornare a quella situazione ma ora, vedendo come la politica, e parlo della sinistra centrale, in costante migrazione da Ballarò, a Ottoemezzo, Servizio Pubblico, l'Infedele, Vespa e mille altri programmi, dicendo cose, spesso sempre le stesse e smentendo a volte ciò che hanno espresso solo una settimana prima, ( vedi olimpiadi romane ) con una distanza abissale dalla gente, dalle istanze e necessitá, dalla realtà originale... rattrista profondamente.
Vederli concentrati in alleanze, lotte interne violente, totalmente ignoranti sul vero Paese, fa spesso anche arrabbiare. Difendere in modo sterile la loro maggioranza relativa di primo partito italiano, gongolandosi tra cifre e sensi di responsabilitá che sempre avrebbero dovuto avere anche nei mesi ed anni precedenti, non solo con il governo tecnico, deprime.
Ma... Le sorprese delle primarie...
Candidati, scelti per accontentare tutti i giochi interni, le correnti,  i pesi necessari per i congressi al fine solo di mantenere inalterati ruoli, mansioni, equilibri tattici, sconfitti.   .
Quando poi prendono sberle come quella di Milano, Napoli, la Sardegna e ultimo il ko genovese, invece di riflettere, di farsi delle domande, di cercare di capire veramente, studiano un possibile cambiamento dello statuto e delle regole delle primarie al fine di continuare a guidare una astronave dall'alto, ormai incapace di riconoscere un albero, una finestra, una panchina di un parco sulla loro terra.
Se continuano così, con questa politica avranno sempre più tende vuote in ogni cittá, in ogni quartiere, deserte e con i volantini sparsi in terra, come quella triste e gelata che avevano all'Aquila dopo il terremoto.
Ma, ben più grave sarà il vuoto della fiducia, della partecipazione, della speranza che stanno provocando.
Non ci sará nessuna modifica allo statuto che potrá impedire questo processo se non si renderanno conto che una sinistra vera, attiva, forte deve avere il territorio nel cuore, la gente, i lavoratori, gli studenti e non le sedute del parlamento, dei consigli regionali, comunali e inqualificabili alleanze con la destra .
La vedo male, molto male ed il pericolo che dopo questa "sbornia" di finta democrazia e gratificazioni parlamentari i pagliacci ed i guitti ritornino è alto. Se ne vedono già oscuri segni e presagi.

martedì 14 febbraio 2012

Oggi l'Amore...?


Oggi si vedono cuori ovunque. Nelle vetrine, nelle pubblicità, sulle torte.
Cuori che viaggiano alti, provvisti di ali, e cuori disegnati sulla neve che si sciolgono al sole.
E' una folla di cuori in movimento che guarda, cerca e si lucida le curve.
Spuntano una volta l'anno come funghi di giornata, belli, gonfi e colorati per poi appassire quando i raggi diventano troppo caldi e diretti. In fondo come tutte le cose troppo fragili ed uniche.
Il problema è che batte tutto un anno intero, ha caldo e freddo, si stanca e si riposa, ma spesso, sempre più spesso, sembra non esistere per la maggior parte del tempo, nascosto dietro egoismi, egocentrismi, sogni privati e social network dove tutto è veloce e velocemente dimenticato, sorpassato.
Sostituito.
La corsa dei cuori non si ferma mai ed arriva alla sua festa. alla sua giornata, come quella della mamma, del papà, dei nonni. Il compleanno del cuore. Per poi ributtare i suoi battiti, indispensabili, nella corsa della vita alla ricerca di specchi nel formato, nella cornice, nei colori, nei riflessi necessari, spesso in una assoluta cecità.
Ma lasciamolo danzare, anche il cuore qualche volta ha bisogno di giostre piene di luci.