venerdì 30 marzo 2012

Oggi... la busta.


Oggi rientrato nel mio piccolo rifugio italiano, dopo aver faticosamente cercato e trovato un parcheggio e salutato Giovanni appoggiato al balcone della sua casa che mi ha chiesto se avevo visto il suo gatto, ho raccolto la posta. Tra le consuete bollette, magari con richiami, comunicazioni elettorali, qualche invito c'era una busta bianca.
Senza francobollo, con stampato in caratteri grossi " Offerta pasquale".
Ho messo tutto il malloppo sulla credenza, ho aperto le finestre, sistemato la cuccia del cane e spalancato le gabbiette dei gatti. Mi sono versato un bicchiere di vino, contento di aver  lasciato una bottiglia nel frigo l'ultima volta e mi sono seduto sul divano (  non " è partita la mia mano"...). Ho respirato,  guardandomi intorno con quella calma esausta che ti coglie quando non volevi fare delle cose ( il viaggio) ma devi farle e poi ne sei contento.
Ho ripreso la posta ed ho evitato tutto quello che assomigliava a costi ed ho soppesato la busta bianca.
Decisa, quasi arrogante, come se si trattasse di un dovere e forse in Veneto lo è. Probabilmente per sciaquare l'anima dai peccati di ingordigia, di superbia, di invidia... non so, onestamente non me ne frega niente.
Comunque, la mia porta è a dieci, forse otto metri dalle scale ed ingresso della chiesetta, un monumento, nella via chiusa.
Apro la televisione e tra le notizie e i servizi vedo il Papa a Cuba.
Riguardo la busta e penso.
Offerta pasquale...
Ricordo molte volte, al mattino presto, quando faticosamente porto fuori il mio cane anziano, le vecchiette che scendono la discesa per la prima messa della giornata. Alcune silenziose e avvolte dai loro pensieri come in uno scialle, altre loquaci con le colleghe. Tutte brave persone, molte le conosco, so dove abitano, so cosa hanno fatto nella vita e di alcune conosco il loro stupendo amore per gli animali ed i bambini. Molte di loro sono veramente ammirevoli. Tengono vivo con fatica eterna il senso di un quartiere e la memoria dell'esistenza.
Entrano in chiesa e da sole cominciano a cantare inni e salmi.
Qualcuno, molto prima, ha aperto le porte della chiesa, riempito le ampolle e quando è necessario acceso il sistema di ventilazione.
Il prete non è arrivato ancora.
Nel ritorno lento e complesso dalla passeggiata, entrando nella via stretta, mi devo fare da parte perchè arriva il sacerdote con il suo Golf gtd e parcheggia davanti al garage di un vicino. Lui può.
Scende e lo vedo vestito in borghese, ma in borghese veramente, comprese le tods. Ha una bellissima borsa alla mano, probabilmente regalo di qualcuno, un cinque tasche di marca, camicia azzurra e un cardigan che starebbe bene a chiunque.
Sicuramente sarà un'ottima persona, impegnata e solidale, non discuto.
Ma io ho un'idea dei preti con la veste oppure con i maglioni.
Preti che insegnano, si compromettono, prendono posizione.
Cantano il loro Signore nelle strade e nei vicoli più inquinati con i fatti e non come un dovere.
Ho guardato la busta e ho pensato al servizio cubano.
Ebbene... il costo della sola macchina del Sacerdote potrebbe pagare l'affitto e le spese di un anno di un asilo alternativo, dando serenità a molti genitori lavoratori ed un pò di pace a genitori dissoccupati. Ci sono le biciclette ed i mezzi pubblici per coloro che devono celebrare messa. Si tratta di alzarsi prima come fanno gli operai.

Mi piacerebbe ascoltare una predica di questo sacerdote per rendermi conto che mi sbaglio a pensare come penso. Ma questa volta la busta rimarrà vuota e mi dispiace molto per l'umanità intera che ne ha bisogno.
Ma credo che i cambiamenti debbano cominciare da chi da buoni consigli e cattivi esempi.
Capisco, giudicare è sempre brutto, ma si giudicano anche le cose belle e fatte bene.
Altrimenti dove sta la differenza?
Altrimenti tutto diventa "politica", anche la religione e soprattutto la fede.
Ma purtroppo penso che lo sia già e da tempo.
Purtroppo veramente.

domenica 25 marzo 2012

Lo (S)tato delle cose...


Rubo un titolo da Wenders. Di un suo film ambientato sulla costa europea atlantica per ricordare Antonio Tabucchi morto nel suo amato Portogallo.
Come nel film, il sogno di realizzare con forza coerente un progetto, attraversando territori difficili, pieni di incomprensioni e di emarginazioni del pensiero e di mezzi continuando inesorabilmente nel cammino.
Perchè il cuore, l'idea, il sogno sono in grado di smuovere le montagne e contenere le onde.
Un tempo lentissimo di inquadrature meditate e di memorie sempre presenti e di linguaggio non omologato.
L'uno, nel film, si difendeva dall'ignoto e dai poteri occulti del mercato e degli affari sporchi con una cinepresa imbracciata come una pistola, l'altro, sul suo tavolino senza riflettori, dava libertà assoluta alla penna ed all'inchiostro del pensiero.
Defilato, visto con sospetto, persona che non aveva paura di usare parole nette e chiare nella definizione del regime che ha governato l'Italia negli ultimi anni, refrattario ai baronati televisivi, ai programmi, alla cultura serva, fedele al ruolo dell'artista che ha come unica e splendida libertà quella di esprimere il proprio pensiero.
Pensiero che condivido, scelte che mi assomigliano, che rimangono inalterate anche quando si gira la clessidra e la sabbia riprende a correre nello stesso imbuto nel medesimo tempo.
Accadrà senz'altro che un giorno i bulbi si romperanno e la sabbia schiavizzata dal vetro potrà tornare al mare. Come le idee giuste. Prima poi si riverseranno nelle strade e cambieranno i nomi alle vie ed alle piazze.
Grazie Antonio Tabucchi e buon viaggio. Mi raccomando, continua a scrivere, dovunque tu sia.
Il tempo e i luoghi non contano. Siamo qui solo di passaggio.

giovedì 22 marzo 2012

Il Tempo

 
Il tempo
 
 Il tempo dei pensieri calmi
di metà dei silenzi inutili
dei colori lividi mattutini
degli amori travolgenti
sembra ormai concluso,
sigillato con ceralacca in buste di cartone
archiviate in alto a destra
della scaffalatura dove stazionano
libri troppe volte iniziati e rimandanti.
Così in alto da dover usare la scala ogni volta.
 
Il tempo rimasto
quello dei pensieri agitati
di metà dei silenzi inutilizzati
dei colori pastosi
degli amori calcolati
presuntuoso e rumoroso
domina in basso al centro
su assi di palco e polvere di tarlo.
Non servono scale per arrampicarsi sui marciapiedi,
al massimo uno scivolo nel mezzo del gradino.
 
Attraverso il velo della distanza
tra la mano e la chiave, tra la finestra e la maniglia
aprendo porte, vetri e ripostigli.
Faccio spazio vicino all'angolo del muro.
Sposto foglie e insetti, bacche e cartine.
Disegno un cerchio di sassi,
accendo un fuoco minuscolo che cresce
cominciando a fondere, in un ribollire rosso cupo,
La ceralacca indurita
trasformando le cartelle in rapidi giochi di cenere.

mercoledì 14 marzo 2012

Ridere

Non condivido il detto : " il riso abbonda sulla bocca degli stolti", perché ridere e sorridere aiuta a vivere all'interno di una fisiologica misura. Forse la verità sta nelle terminologie. Se si intende " dei soliti" , allora sì, i soliti pagliacci, i soliti cattolici con la camicia bianca, i soliti politici senza arte né morale, con la gola piena di triste ironia, di esempi datati, di rimandi scaduti, di rivalse e di sotterfugi. Mi piacerebbe vedere quando sono soli i vari Lupi, Formigoni,  Gasparri e mille altri... Ma soli non lo sono mai compromessi come sono, visibili nelle loro eresie, affamati di interviste e di dare aria alle loro bocche ingiallite e spazio ai loro pensieri di quarto ordine, usando anche un italiano scadente. Ma visto che hanno fatto di tutto per azzerare la qualità della parola, il suono di un pensiero espresso, il rispetto di una cultura quotidiana, si possono permettete di usare termini come " inculati", " sfigati" e dall'alto della loro bassezza, nessuno si permette di sindacare.
Sono i registi, gli artefici, gli sceneggiatori di una volgarità crescente, di attentati costanti alla morale, se ne esiste una, di un invito all'ignoranza ed alle scorciatoie. Fanno schifo in blocco, perchè loro stessi fanno blocco... democristiani, leghisti, fascisti, falsi di sinistra, cattolici della messa domenicale usata come omeopatico, giornalisti servi, presentatori flebodipendenti.

giovedì 1 marzo 2012

Non so...

Non cerco l'approvazione di nessuno e lascio libere le riflessioni di una giornata piuttosto pesante e complicata.
Torno alla parola. La parola scritta, con errori, stanchezze,  delusioni e quel magma che ribolle quando vuoi esprimere pensieri.
La parola scritta è forse l'unica realtà che costantemente supera i tempi. Più delle fotografie che ingialliscono, più del cinema (che amo alla follia) che invecchia, più dei quadri che riposano nei musei. Rimarrà sempre un appunto, una nota, un pezzo di carta che si salva, come i papiri, come i graffiti.
Scriviamo, lasciamo le cose riposare. Rileggiamole dopo giorni, mesi o anni.
Confrontiamoci con esse.
Sperando che la memoria, quella vera, non fallisca mai e non ci inganni.
Io non so cosa fare, non so cosa sia giusto dire o non dire.
So solo che molte cose sono andate, sogni, progetti,  speranze,ma continuo ad averne non dei nuovi, ma sempre i soliti.
Convinto che forse un giorno, non per me probabilmente, ma per altri si trasformino in realtà.
Perché ho capito una cosa dopo tutti questi anni, per ogni tuo successo devi ringraziare qualcuno a cui servi e spero che presto questa sistema muoia.