martedì 21 agosto 2012

Ri...


(Ri)vedere, (Ri)ascoltare, (Ri)parlare, (Ri)considerare, (Ri)pensare, (Ri)abilitare, (Ri)convertire, (Ri)ciclare, (Ri)scrivere, (Ri)muovere, (Ri)sbagliare, (Ri)scoprire, (Ri)amare, (Ri)nascere...
Credo che viviamo in una epoca, dove tutto è già stato fatto, detto, pensato, provato, consumato e viene affannosamente Ricercato, apparentemente Riscoperto e Riposizionato.
Pensando che ciò comporti contenuti nuovi, significati diversi, risultati inattesi.
Apertura di orizzonti impossibili e straordinari.
Non prendendo minimamente in considerazione che chi non vedeva, non ascoltava, parlava a vanvera, pensava..., spesso sono gli stessi che riscoprono, riqualificano, rinascono.
Ovvio, gli errori e le esperienze aiutano ad osservare meglio, a cogliere dettagli e sfumature sfuggite, ma se il presupposto è il medesimo, ci si riduce a (Ri)mantenere uno stato di cose che comunque non risulta sufficientemente pesante per un reale cambiamento.
Lasciamo perdere il mondo della politica per un momento, dove ci sono docenti e massimi esperti del (Ri), riguardo se stessi e le loro idee, così volubili che il fumo di un fuoco di legna potrebbe essere confuso con un muro solido sorretto da colonne eterne.
Anche se spesso si dimentica che la vera politica siamo noi nella vita di tutti i giorni, nel nostro agire spicciolo, nelle nostre decisioni e compromessi. La Polis.
Anche noi (Ri)guardiamo spesso con occhi diversi le cose, quello che mi interessa è comprendere cosa ha comportanto la diversità dello sguardo. Una crescita od una emergenza, una consapevolezza o una resa, un progredire o un compromesso? probabilmente non ci riuscirò mai.
Per il semplice fatto che risulta impossibile definire l'invisibile linea di confine tra l'emozione e la decisione reale.
Lo si vede molto in rete.
Potentissimo strumento se fosse usato bene per atti coraggiosi e di reale cambiamento, si sta trasformando in un galoppo disordinato verso (Ri)scoperte e (Ri)condivisioni di links in un ingorgo confuso dove si recupera tutto e di più e si sta attenti ai passaggi, ai commenti, ai vari e diversi mi piace, in una gara di consensi che non è dissimile molte volte da ciò che si critica ogni giorno.
le cose piccole rimangono piccole, le scoperte si fanno incontrando gente, camminando sui sentieri della vita con gambe, orecchie, occhi, si costruisce sporcandosi le mani di fango, si scrive cancellando, correggendo, dubitando e scegliendo, si fanno foto perchè si è rapiti non perchè si pensa a pubblicarle, si va in piazza perchè dovrebbe servire, si ascolta e si comprende in un rispettoso silenzio, non correndo su autostrade telematiche, dove industrie commerciali, aziende di comunicazioni, economia speculativa e non reale, politici soliti e poteri forti hanno e stanno costruendo ogni giorno autogrill enormi come centri commerciali dove con una carta fedeltà virtuale sanno tutto di tutti e saranno sempre un passo avanti di ogni idea diversa.
Il (Ri)riciclo di un sistema vecchio come Matusalemme adattato ad un meccanismo che viene venduto come piattaforma della Libertà e nello stesso tempo i misteri diventano sempre più misteri (con sempre meno tempo per studiarli) travolti dalle novità, che per la loro stessa essenza, diventano vecchie domani sostituite da nuove e più accattivanti.
La vita corre, la fanno correre ancora di più non lasciando fiato alle pause, ai vuoti.
Tutto deve essere usato, sfruttato, deve rendere, anche quello che è falsamente gratuito.
Nel miraggio che possiamo andare perfettamente d'accordo con qualcuno in Africa, a Tokio, in Argentina, a Copenaghen, non siamo spesso in grado di dire un buongiorno al vicino e criticare quello che fa l'associazione che ha aperto una sede sotto casa.
In una Italia dove si muore per disperazione, in una Italia dalle promesse mancate, in una Italia silente su gravi casi di violenza istituzionalizzata, economica, privata,  tutto scorre via come acqua sulla roccia, un'Italia dove ogni giorno si comprende che dietro ogni atto è pulsante qualcosa di malato e sconosciuto senza avere possibilità nemmeno di contrastare, sta dividendo e polverizzando la reazione, la voglia di cambiamento.
C'è un bellissimo documentario film di Scorsese su Fran Lebowitz, dove lei dice, tra le tante cose sulla scrittura e l'arte, che prima c'era la televisione, rivoluzione culturale, ora c'è internet ma in fondo è sempre uno schermo. Siamo davanti ad uno schermo, telefonico, del pc o mac.
Schermi che hanno superato i confini, che producono in Cina, in India, in Vietnam, che usano materie prime rare distruggendo l'Africa, che accettano silenziosi il ritorno in fabbrica dei bambini, anzi, non ne sono mai usciti, esattamente come prima della rivoluzione industriale inglese, così osannata nello spettacolo di apertura delle olimpiadi.
(Ri)appropriarsi non basta. E' lo stesso meccanismo perverso consueto.
Bisogna cambiare, con  piccoli passi, piantare fiori nuovi nel giardino e smetterla di sentirsi vittime ed eroi.
Tutto è stato fatto, tranne quello che serve.
Ci sono persone che lo stanno facendo e questa è la speranza che mi sostiene e che mi consente di non avere troppa paura nel futuro.