venerdì 20 luglio 2012

Time out...


Time out, stop per un attimo, pausa.
Ovunque, da chiunque, destra, sinistra, centro ed estremità, si sente parlare di giovani, di problemi a loro connessi, al  futuro, alle loro speranze, sogni e desideri di una casa, di un lavoro, di una famiglia come meglio credono debba essere, delle loro future pensioni.Tutti argomenti pesantissimi e condivisibili per i quali è necessario agire con decisione e con la concretezza di una politica onesta e fattiva, purtroppo espressa da chi non ha nessuno dei problemi di cui superficialmente si occupa e sui quali esprime giudizi e propone soluzioni nella fiera della superficialità.
Ma non esageriamo. I giovani sono l'asse portante del presente e del futuro ma non dividiamo la società in settori generazionali. Esistono i maestri, i professori, i bidelli, i dottori, gli infermieri, gli autisti di autobus, i camerieri, i contandini, gli operai, i nonni... e non è detto che non abbiano gli stessi problemi.
Mia madre è stata giovane negli anni della guerra, senza telefonini, senza sms. Con una bicicletta andava in collina a barattare "cose" solide, come macchine da cucire, collane e bracciali, con uova e farina dei contadini prudenti, per la famiglia e per altri che al tempo non si potevano nominare. Mio padre è stato giovane, con la prigionia che lo ha invecchiato. Negli anni della ricostruzione e sottile entusiasmo della ripresa è emigrato nel lontano oriente, per fortuna della famiglia ancora da venire. Io sono stato giovane, adolescente nel 68, con i servizi Rai sul Vietnam che assomigliavano molto a quelli di oggi sulla Palestina, l'Iraq, la Siria, massacrata ora da un dittatore protetto e con le Nazioni Unite bloccate dai veti di Russia e Cina.
Ho respirato da ingenuo tredicenne la prima contestazione, il famoso maggio, immagini e filmati in bianco e nero. Ora tutto a colori. Le prime di gran lunga più veritiere.
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Ero attivo nel 77 ed i giovani eravamo in fondo gli stessi di sempre.
Chi si interessava alle cose importanti, alle illusioni, tanti, in un sogno comune e chi ne faceva dei cavalli da usare nelle gare della vita.
Chi, se veramente voleva, con un gettone in mano, nell'unica cabina funzionante, si faceva volentieri un chilometro a piedi per sentire la voce della sua fidanzata o avvisare casa che non sarebbe tornato. Non si facevano docce,  si mangiava robaccia e chi dormiva nelle università occupate perchè era tanto schick per poi tornare nelle ville su in collina sulle A112, magari "elegant".
Io c'ero. Io ho visto. E conosco maestri nel cambiare motivazioni e casacche come si cambiano vasi ai fiori. Ma poi cosa serve ricordare a volte mi domando...
Tutto era aperto. Tutto si poteva discutere, confutare, migliorare, cambiare, stravolgere per forse lasciare tutto uguale.
Era un'Italia piccola ma viva, un 'Italia nel vento che amava ancora i sogni e che usava testa, bocca, mani, sorrisi, lacrime, treni, per dirlo, per esserci, per esistere.
Poi, dopo vittorie e sconfitte, assoluzioni e coinvolgimenti, dopo la solidarietà ed i conflitti di idee,  condivisioni tra lo studio ed il mondo del lavoro,  la speranza e la realtà...
con un botto è arrivata la" Milano da bere".
Terreno fertile per ogni sorta di interpretazioni e speculazioni, letture e sviluppi, modificazioni e dimenticanze.
E in questo humus sono nati i miti del successo malgrado tutto, degli ambienti esibiti, della moda facile, della rucola ai ristoranti, della stretta di mano tra amici, della standa ricomprata, degli spot cambio di merci, ovvero, faccio pubblicità sulle televisioni "libere" e ti pago in prodotti che andranno esposti nel tuo supermercatone fisico e mediatico. Insomma, il sistema dell'immagine.
Lì i giovani hanno cominciato a lavorare. Agenti pubblicitari, grafici, fotografi, assistenti, comparse e mille altre figure.
I lustrini cominciavano a piovere a comando.
Sono convinto che in quel momento si sia rotto un ingranaggio fondamentale del meccanismo.
La convinzione che un dente rotto della ruota motrice non fosse una cosa importante.
E' stato l'errore di una buona fetta della cultura, dell'informazione, della televisione pubblica, del cinema che faceva film su Cortina, della Sardegna meta alla portata di tutti, di bollini sempre più rossi sulle autostrade, di "ho fatto un leasing"...
E' stato il tradimento più pesante di una sinistra con il suo Paese e se non ci fossero state persone come Belinguer, purtroppo fino a solo l'84, Lama e Pertini sarebbe scomparsa.
In fondo siamo" per sempre coinvolti" se abbiamo il coraggio di guardare con onestà la realtà, in ogni cosa accaduta, tranne i misteri.
Ma chi ha coltivato, usato, prosperato sui misteri è anche stato votato e rivotato.
Ecco perchè siamo ancora coinvolti.
Sono riflessioni nate come se guardassi un almanacco, come se  toccassi con un dito una foto ingiallita, come attraversassi non il Louvre, ma quei piccoli musei che si trovano nei paesini che espongono i vecchi aratri e i falcetti arrugginiti.
E mi domando... ma io c'ero? Sì.
Ecco perchè non mi sento mai assolto. 

2 commenti:

  1. C'ero anch'io e, come te, non mi sento mai assolta.
    Il quadro che hai dipinto è perfetto, Hotelkabul.
    Non manca alcun dettaglio.
    Al punto che mi sento commossa. E spesso mi capita, quando leggo il tuo blog.
    Grazie!
    Lara

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